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lunedì, febbraio 15, 2010

DEPRESSIONE ED INFELICITA'

Agnes Età: 62
Vorrei parlare di infelicità: non è facile, sembra una parola tabù. E' fin dal'infanzia che provo questo sentimento profondo e pressochè continuo (ho 62 anni)e dopo varie psicoterapie credo anche di essere venuta a capo delle probabili cause prime di un sentire che ha fatto della mia vita un tormento. Potrei anche fare un elenco delle sventure che mi sono capitate (tra queste un cancro al seno con conseguente mutilazione) ma non saprei se metterle tra le cause o gli effetti, inoltre so bene che i guai che ci capitano non sono automaticamente fonte di infelicità. Negli ultimi due anni sono stata in cura psichiatrica, anche farmacologica. Ora mi sono inserita in un gruppo di auto mutuo aiuto. Mi sento ferita ogni volta che sento accusare chi si dice infelice di autocommiserazione o di incapacità di "vedere il lato bello" dell'esistenza. Anche i medici spostano il discorso sulla loro diagnosi: depressione, una malattia, un disordine dei recettori che si può sistemare con qualche farmaco. Io ho preso la mirtazepina e devo dire che in una fase molto acuta con pianto ininterrotto e pensieri di farla finita, mi ha aiutata, quantomeno a nutrirmi e a riposare. Ma l'infelicità è rimasta anche sottoforma di incubi notturni spaventosi. E, tuttavia, il risveglio è il momento peggiore. La coscienza è invasa da un'ondata di disgusto che pare insopportabile. Devo stare ferma, immobile, sul bordo del letto (che sembra il bordo di un abisso) ed aspettare che l'orrore che provo divenga tollerabile.
Poi mi alzo e, come posso, affronto la giornata. Bene o male riesco a svolgere
qualche attività e a relazionarmi anche se con grande fatica. Anche se con repulsione, riesco a guardarmi allo specchio. Mi dispiace tanto di non riuscire
a vedere la bellezza di questo Universo che pure so che è reale e sono contenta di sapere che altri ne godono. Anche se non posseggo quello che si intende per "fede in Dio", a mio modo prego perchè mi venga concesso in qualche modo di amare e di provare gratitudine per la vita, poichè il non riuscirvi mi sembra una bestemmia. Non potrei pensare questo se non provassi, in alcuni istanti, il sentimento della bellezza e la certezza che esiste la possibilità di amare.
Sono momenti rari ma intensi. Ricordo una volta che ho visto all'improvviso tutte le sfumature di verde nel giardino, un'altra volta, in un gruppo di persone mi sono sentita "a casa". Ma, come dicevo, sono momenti rarissimi. Di norma del mondo, degli esseri umani, di me stessa, mi appaiono i lati spiacevoli, irritanti, tragici. Ma questo è già un argomentare che viene dopo, dopo la sensazione di disgusto che mi pervade e che devo cercare di vincere continuamente per non portare la mia negatività agli altri, i quali, comprensibilmente, o non l'accettano, o ne rimangono avviliti.
Mi chiedo: posso farne qualcosa della testimonianza dell'infelicità? Mi sembra che già sarebbe qualcosa il non sentirsi in colpa di provarla e di dirla.
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Lei mi chiede:
posso farne qualcosa della testimonianza dell'infelicità?
Allo stesso tempo è lei a fornire la risposta:
Mi sembra che già sarebbe qualcosa il non sentirsi in colpa di provarla e di dirla.
Questa sua risposta è anche la mia.
Saluti




2 commenti:

cla ha detto...

Ti comprendo.
Non sentirti sola.
Tutto passa.

Anonimo ha detto...

Non sei sola. Un abbraccio